mercoledì 29 luglio 2009

Discorso del segretario nazionale dell’ UDC Lorenzo Cesa all’ Assemblea Generale dell’Unione di Centro (27 luglio 2009)

Care amiche, cari amici,

Voglio innanzitutto ringraziarvi per essere intervenuti a questo nostro incontro di oggi. Come avrete notato, in sala non ci sono soltanto i componenti del Consiglio Nazionale dell’Udc, ma anche molti altri amici di tutte le componenti politiche e del mondo dell’associazionismo laico e cattolico che condividono e partecipano a pieno titolo al progetto della costruzione di un centro forte e nuovo e che stanno lavorando con noi nelle regioni, nelle province e nei comuni per gettare le basi del nuovo partito.

Non a caso quella di oggi è la prima assemblea generale dell’Unione di Centro, il punto di partenza verso un percorso che nei prossimi mesi dovremo affrontare speditamente, ma anche un ulteriore segnale che vogliamo dare all’esterno che il processo che abbiamo avviato è serio, ambizioso e non si fermerà.

Solo poche settimane fa, del resto, abbiamo chiesto agli elettori se la strada che abbiamo intrapreso alle elezioni politiche dello scorso anno era giusta e da mantenere. Abbiamo chiesto cioè agli italiani di confermare o respingere attraverso il voto alle elezioni europee ed amministrative la nostra proposta politica, l’idea di costruire un’alternativa concreta di governo a questo bipolarismo ormai rachitico ed inefficiente. Ci siamo presentati da soli alle Europee e nell’85% dei casi da soli alle elezioni amministrative. Gli elettori ci hanno detto di andare avanti: due milioni di italiani hanno dimostrato di avere fiducia in noi e in decine di Province e Comuni i voti dell’Unione di Centro sono risultati fondamentali per costruire alleanze vincenti, mentre Pd e Pdl hanno perso milioni di voti e i referendari che volevano fare al Paese un trapianto di bipartitismo hanno subito una sconfitta durissima e definitiva.

Si apre insomma davanti a noi un’occasione grande, forse irripetibile, ed è il Paese ad offrircela. Un Paese che sta comprendendo ogni giorno che passa che questo bipolarismo governato dagli estremi non è in grado di risolvere nessuno dei grandi problemi che lo affliggono, con due scatoloni grandi ma vuoti e fragilissimi come Pdl e Pd tirati con la cordicella da due partiti più piccoli ma capaci di gridare più forte degli altri con la loro carica di populismo come la Lega e L’Italia dei Valori.

E’ il momento di cogliere questa occasione e di costruire, dal centro, un’alternativa moderata e riformatrice, laica e rivolta al futuro ma con un grande bagaglio di valori, a partire da quelli della nostra identità di europei cattolici, seria e responsabile ma inflessibile nella difesa delle istituzioni e della Repubblica.

Per coglierla dobbiamo dimostrare a noi stessi e agli italiani che siamo in grado di vincere una doppia sfida: farci trovare pronti e crederci. Altrimenti sarà meglio che ci dedichiamo tutti ad altro.

Per farci trovare pronti dobbiamo muoverci rapidamente. Prendendo decisioni ragionate ma senza tentennamenti.

Subito dopo la sosta di agosto, dall’11 al 13 settembre a Chianciano, nei giorni in cui negli annipassati celebravamo la nostra festa di partito, daremo vita agli Stati Generali del Centro.

Non sarà una festa dunque, non è proprio tempo di feste, con gli italiani e le famiglie lasciati soli ad affrontare una crisi drammatica che proprio a settembre rischia di diventare ancora più dura con migliaia di piccoli e medi imprenditori che non sanno se potranno riaprire le loro aziende e centinaia di migliaia di lavoratori che trascorreranno il mese di riposo con l’angoscia di non trovare più il posto di lavoro fra qualche settimana.

Non è il momento di feste, festicciole e festini, quelle le lasciamo ad altri. E se nemmeno chi ha la responsabilità del Governo in questo momento sente l’urgenza di trovare soluzioni concrete ai problemi del Paese, noi non intendiamo sottrarci e sentiamo ancora più pressante il dovere di fare la nostra parte.

Gli Stati Generali saranno una full immersion di lavoro attraverso cui elaboreremo una serie di tesi che costituiranno la piattaforma, insieme al Manifesto di Todi, del nostro nuovo partito. E saranno aperti a tutti coloro che si sentono di Centro e che vogliono tirare fuori il Paese dalle sabbie mobili del bipolarismo.

Chianciano dunque ci darà l’occasione per trovarci insieme e discutere della forma partito del nuovo soggetto che vogliamo costruire, del modello organizzativo aperto e plurale che intendiamo darci, delle modalità e dei tempi di adesione in vista del congresso fondativo che si terrà l’anno prossimo, della democrazia interna che vogliamo assicurare a tutti i livelli, dello spazio agli organismi periferici, regionali e provinciali, che dovremo garantire.

Non sappiamo ancora quali contorni precisi avrà e come si chiamerà il nuovo partito, perché lo decideremo tutti insieme. Posso già anticipare però quello che non faremo: non faremo né un partito-caserma né una torre di Babele.

Subito dopo dovremo dedicarci regione per regione a costruire i nostri programmi per le prossime elezioni regionali del 2010 attraverso una serie di assemblee programmatiche. La nostra bussola saranno i programmi e non le alleanze.

E qui vengo all’altra sfida che abbiamo davanti a cui accennavo prima. Oltre a farci trovare pronti, dicevo, dovremo dimostrare di crederci. Credere nel Centro. Solo se saremo all’altezza dell’obiettivo che intendiamo darci – e l’obiettivo è il Governo del Paese, dal Centro – potremo dire la nostra.

Cosa vuol dire essere di Centro oggi, nel 2009?Vuol dire prima di tutto credere che il Centro è l’unica chance che questo Paese può avere per uscire da una situazione ingessata da quindici anni.

Per dargli quella spinta di innovazione e di riforme che gli italiani aspettano da troppo tempo e che destra e sinistra, così svuotate di ogni significato, non sono in grado di imprimere.

Vuol dire che dobbiamo smettere di chiedere con chi ci alleeremo. Perché se riduciamo tutti i nostri pensieri, tutta la nostra azione politica, alla scelta di un alleato significa semplicemente che ci consegniamo prigionieri a questo o a quello.

E siccome questo o quello sono le due metà uguali e decadenti del sistema che vogliamo mandare in soffitta, se limitiamo il nostro orizzonte a pensare alle alleanze significa che non crediamo in quello che stiamo facendo.

E allora meritavano più comprensione quelli che se ne sono già andati perché onestamente hanno preso atto che non ci credevano e avevano capito che stiamo facendo sul serio, rispetto a chi è rimasto per convenienza ma non ci crede o chi non ha capito niente. In un caso o nell’altro non sono queste le persone su cui contiamo per costruire il nuovo partito.

Anche perché proprio alle ultime elezioni europee si è visto che è la nostra alternatività a destra e sinistra ad essere capita ed apprezzata.

E allora a novembre, in ognuna delle Regioni in cui si voterà, partiremo dai programmi, i nostri programmi, contenenti le proposte concrete di interventi che riteniamo indispensabili per risolvere i problemi economici e sociali di quelle regioni. Proposte che presenteremo ai cittadini e agli altri partiti a livello regionale. E solo allora, se qualcuno sarà disposto a condividerle e a realizzarle con noi, potremo allearci. Altrimenti ognuno per la sua strada.

Di questo hanno bisogno le nostre regioni e, badate bene, di questo ha bisogno anche l’Italia intera. Oggi il bipolarismo italiano è rappresentato da due grandi contenitori assemblati alla bell’e meglio che si sfaldano e da due partiti più piccoli che approfittano dello sfaldamento dei grandi per rubargli voti e sfaldare l’Italia con il loro populismo irresponsabile.

Ho trovato molto efficace la frase di Rutelli sul Pd che sta friggendo. Frigge da quando è nato e purtroppo per loro friggerà ancora, con Franceschini che alza il fuoco sotto la pentola in cui si trova pure lui, tornando a sventolare la bandiera del bipolarismo e della vocazione maggioritaria che rappresentano la migliore garanzia di sconfitta per il presente ed il futuro del Pd.

E questo proprio mentre cadono a uno a uno i veli dietro cui si è coperto in tutti questi anni Berlusconi, con gli italiani che assistono sempre più increduli alla distanza tra i loro problemi e le incoerenze del premier, e mentre lo stesso Pdl si sfalda a sua volta.

Su questo punto vorrei invitarvi ad una riflessione. Vorrei che rifletteste sul fatto che non è un caso che il Pd soffre la sua crisi più nera soprattutto al nord, dove in teoria dalla dissoluzione dei partiti della Prima Repubblica una forza riformatrice e progressista di centrosinistra avrebbe dovuto riscuotere i maggiori consensi.

Come non è un caso che il Pdl stia deludendo di più i suoi elettori proprio a partire dal sud, la terra in cui ha vinto a mani basse fino ad un anno fa, dove la destra aveva fatto cappotto e che ora il Governo si ricorda che esiste solo quando ha bisogno di sottrargli i fondi per destinarli ad altro.

E’ proprio dove avevano alimentato le maggiori aspettative che i bluff di Pd e Pdl sono stati smascherati.

E fortuna che i cittadini meridionali ormai sono vaccinati e sanno riconoscere gli imbonitori, altrimenti la boutade del Partito del Sud, un partito che mira a raccogliere chiunque sia pronto a tutto pur di conservare il proprio potere personale, finirebbe per rendere ancora più acuti i problemi di questa nostra Italia. Un Paese che la Lega dal nord e il Partito del Sud dal Mezzogiorno vorrebbero tirare come una fune, senza sapere che se si spezza i primi a rimanere a terra sarebbero gli italiani. Tutti gli italiani.

Ecco, di un’Italia governata dalla Lega che vorrebbe dividerla col suo federalismo confusionario, con la sua voglia di spaventarci e chiuderci tutti dentro un recinto lasciando fuori il mondo, e di un’opposizione al seguito di Di Pietro che punta pure lui allo sfascio cannoneggiando il Paese dall’estero comprando pagine dei giornali stranieri per sbeffeggiare le istituzioni, siamo stanchi. E come noi credo siano stanchi sempre più italiani.

Per questo ci sentiamo in dovere di costruire qualcosa di nuovo. Un nuovo partito che dovrà essere l’architrave del sistema che prenderà il posto di questo bipolarismo dannoso.

Dobbiamo farlo da subito, cominciando a imporre la nostra agenda. Difesa del diritto alla vita, riforme economiche, riforma dei servizi pubblici locali, liberalizzazioni, abolizione delle province, tagli mirati alle spese improduttive e incentivi ai lavoratori e alle imprese più produttive, rilancio del sistema infrastrutturale, incentivi allo sviluppo sostenibile, piano straordinario per un rilancio dell’economia meridionale.

Quanto il Governo sia sordo a queste esigenze, o timido, lo abbiamo visto anche in questi giorni.

Parlano di dialogo e poi non hanno più il coraggio di presentare un provvedimento al Parlamento senza blindarlo con la fiducia. Giustificano per mesi la mancanza di riforme dicendo che non si fanno in tempi di crisi, perdendo mesi preziosi, e poi finalmente si decidono ad ascoltarci sulle pensioni introducendo un collegamento tra aspettativa di vita e età pensionabile. Ma anche qui si dimostrano così timidi da rinviare tutto al 2015, quando servirebbero risorse immediate per impedire che la disoccupazione l’anno prossimo salga al 10% come purtroppo sta avvenendo.

Fanno la faccia feroce con le banche, le accusano di strozzare l’economia non concedendo prestiti alle imprese in difficoltà per la crisi, e poi non appena l’Abi alza la voce scopriamo che Robin Hood era un agnellino, pronto a battere in ritirata . Illudono per mesi tutti i proprietari di case che potranno costruirsi una stanza in più, con Berlusconi che passa da una tv all’altra a disegnare villette e condomini e poi si ricordano delle competenze delle Regioni e finalmente varano un piano casa realistico destinato alle famiglie più numerose e alle giovani coppie come avevamo chiesto da tempo.

Parlano di tolleranza zero contro la criminalità e poi tagliano i fondi alle forze dell’ordine per affidarsi alle ronde caserecce.

Deboli con i forti, si dimostrano forti coi deboli imponendo un tetto minimo di reddito per regolarizzare le badanti, come se le famiglie che soffrono di più anche sul piano economico non fossero quelle che molto spesso hanno più bisogno di un aiuto.

E potrei andare avanti con decine di altri esempi, ma mi fermo qui perché sono certo che gli amici che interverranno dopo elencheranno altre contraddizioni di questa maggioranza.

Quelle della sinistra poi sono sotto gli occhi di tutti. Questo Paese insomma non ha un governo in grado di governare utilmente nonostante una maggioranza senza precedenti e non ha nemmeno un’opposizione in grado di fornire un’alternativa credibile.

Noi ci candidiamo a costruire questa alternativa. Pronti a lavorare fianco a fianco con chiunque si senta di Centro. Senza rivendicare primogeniture. Questo infatti non è un progetto che guarda al passato. Il nostro orizzonte è davanti a noi. E’ il momento di conquistarlo tutti insieme per realizzare l’unica alleanza che ci interessa davvero, quella con l’Italia.

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