Via al coordinamento di oltre
cento parlamentari delusi.
Scontro Bondi-presidente
della Camera sulla sfiducia
ROMA
Si annuncia un mesetto tranquillo perché chi ha avuto ha avuto, e adesso tutti debbono molto riflettere. Berlusconi si dedicherà allo shopping (non quello natalizio) che buoni frutti gli ha già dato, però non basta a governare l’Italia. L’opposizione profitterà della pausa per darsi una strategia in vista di elezioni sempre dietro l’angolo. E il «terzo polo» muoverà i primi passi lungo la strada che addita Casini, leader sul campo di questo nuovo soggetto politico: nessuna resa al Cavaliere, sono le sue direttive, ma basta per ora scontri all’arma bianca con le truppe berlusconiane. Difatti l’esame alla Camera del decreto «munnezza», su cui erano annunciati sfracelli, per ora fila via liscio. Il governo ha ceduto a qualche richiesta, su altre si è impuntato senza farsi battere, oggi la controprova.
Fini in sordina Dopo mesi, non è al centro del ring. Ha provato a trascinarcelo di forza Bondi con una lettera al Capo dello Stato, ma il presidente della Camera ha risposto con una nota del portavoce Alfano: falso che la sfiducia a Bondi sia stata messa all’ordine dei lavori per ritorsione, trattavasi di decisione già presa da tempo. Fini incassa con dignità le ironie del premier che fa il gradasso (Gianfranco «dice che non ho vinto? Ognuno si consola come può... Dovrebbe dimettersi da presidente della Camera? La scelta attiene alla sua dignità»), e compie un atto di realismo accettando che al volante si metta l’amico Pier Ferdinando. Il quale non ci pensa due volte. Lo slalom di Casini Promuove una riunione urgente dei terzopolisti, che nel pomeriggio si infilano all’Hotel Minerva: da Fini a Rutelli, dai liberal-democratici ai repubblicani, dagli autonomisti di Lombardo al battitore libero Guzzanti. Pomposamente qualcuno declama la nuova ragione sociale, «Polo della Nazione» pare vorrà chiamarsi, ma non è questo il punto.
Casini vuole dare piuttosto un’immagine di compattezza poiché, spiega il colto Buttiglione citando Franklin, «o stiamo tutti insieme o ci impiccano uno per uno». Uniti anzitutto per far passare la nottata, col Cavaliere-vampiro a caccia di deputati. E poi per mettere tra parentesi gli eccessi di futurismo, di improvvisazione, di violenza verbale. Di rientrare nel governo non se ne parla, a ritornare sotto padrone nessuno ci pensa; tuttavia bisogna fare i conti con la Chiesa, dove eminenti porporati sollecitano prudenza. Il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, segnala come «ripetutamente» gli italiani si siano espressi «con un desiderio di governabilità» cui corrispondere da parte di tutti. E pure se non fossero i vescovi a pretendere prudenza, Casini stesso la praticherebbe perché nuove elezioni restituirebbero il pallino al Cavaliere, meglio andarci piano con gli assalti frontali: se falliscono è un male, ma se riescono è perfino peggio... Insomma, la parola magica è «responsabilità». I terzopolisti sono «pronti a confrontarsi su provvedimenti che siano nell’interesse generale».
Impegno collettivo a evitare la Babele, prima si concorda la linea poi la si comunica: perfino nelle invettive al premier i «futuristi», d’ora in avanti, dovranno darsi una regola. Silvio prende fiato E si pavoneggia in Europa, dove sbarca oggi per il Consiglio europeo sbandierando il «Financial Times» che celebra il suo successo. Ammette di averla scampata bella: «Abbiamo sconfitto una manovra di Palazzo», anzi «il ribaltone». E adesso? «Allargherò la maggioranza. No, non all’Udc ma a singoli parlamentari che militano in partiti di cui non condividono la linea. Abbiamo diversi posti liberi nel governo», annuncia senza complessi il premier, «e già in diversi mi hanno offerto la loro collaborazione...». Sarà vero? Parrebbe di sì, che in effetti il rischio del Cavaliere sia di imbarcare troppa gente, compresa quella sbagliata, capace solo di creargli guai.
«Lasciamo sedimentare questa vittoria», consiglia prudenza Quagliariello. Ma Berlusconi vuol battere il ferro, finché scotta.Scontro verbale a Strasburgo tra le europarlamentari Sonia Alfano (Idv) e Licia Ronzulli (Pdl). E così succede che anche all’Europarlamento sbarchi la parola «vajassa», termine tipicamente partenopeo, già sdoganato dal ministro Carfagna. È in corso la riunione plenaria e l’esponente del partito di Di Pietro prende la parola in dichiarazione di voto. E ai colleghi europei riferisce che ieri in Italia è stata «festeggiata la prima giornata della legalizzazione della corruzione» dopo che «il corruttore Berlusconi» aveva comprato il voto di alcuni parlamentari. Alfano cita anche i casi Mills e Mondadori e fa riferimento alle «costanti violazioni della Carta da parte del governo italiano», riferendosi «all’accordo Italia-Libia» e alla «legge bavaglio».
A quel punto Licia Ronzulli tenta di interromperla, dandole sulla voce, chiedendole di tacere, di «non raccontare falsità e di non usare le dichiarazioni di voto per raccontare menzogne al Parlamento europeo». Ed è allora che l’esponete Idv dice: «Ci sono vajasse anche al Parlamento europeo» e si rivolge al presidente di turno che ammonisce la Ronzulli e chiede di far concludere l’intervento. Botta e risposta in aula, poi in un comunicato Sonia Alfano definirà «inqualificabile» il comportamento della Ronzulli, e la accuserà di averla minacciata in quanto avrebbe detto «ti spacco la faccia».
Fonte: LaStampa.it
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